Anche la Lega mette la firma alla stangata sulle pensioni
Anche la Lega ci ha messo la faccia. Il progetto di legge per il taglio delle pensioni sopra i 4mila euro mensili porta anche la firma del capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, assieme a quello dell’omologo pentastellato, Francesco D’Uva.
Il partito di Matteo salvini ha archiviato la sua natura di centrodestra e ormai insegue i populisti a tutte le latitudini, anche quelle un po’ «sinistre» della penalizzazione dei pensionati con assegni superiori alla media considerati alla stregua di privilegiati.
La Lega, alla fine di questo percorso (un po’ tortuoso), vorrebbe rivendicare l’introduzione di «quota 100» per superare la legge Fornero. Ma il passaggio non sarà indolore. Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, l’idea alla base di questo progetto di legge è molto simile alla proposta avanzata dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, ossia un ricalcolo contributivo degli assegni (sia futuri che in essere). Per quelle in vigore dall’anno prossimo si moltiplicherà il montante retributivo per il coefficiente di trasformazione, ossia il fattore di conversione determinato sulla base di età anagrafica e anni di contribuzione. In questo modo, diventeranno praticamente contributive anche le pensioni di coloro che avevano almeno di 18 anni di versamenti al primo gennaio 1996. Per quelle in essere, invece, si ripescheranno i coefficienti di trasformazione in vigore al momento di pensionamento o quelli calcolati dall’Inps per coloro che si sono pensionati prima della riforma Dini.
Il sugo di tutta la storia è un risparmio compreso fra i 500 e i 600 milioni di euro da destinare a un Fondo di scopo con il quale finanziare l’innalzamento delle pensioni minime (ferme attorno ai 450 euro mensili). Questo vuol dire che saranno penalizzati, sulla stessa falsariga di quanto avvenuto con i vitalizi dei deputati, circa 100mila trattamenti per un totale di 75mila titolari di assegni previdenziali. Il progetto di legge dovrebbe essere assorbito nel collegato fiscale alla legge di Bilancio, lo stesso nel quale troverà posto il condono dal quale si attendono almeno 3,5 miliardi di euro. L’alternativa è rappresentata dall’introduzione di un contributo di solidarietà abbastanza generalizzato (pensioni sopra i 3mila euro lordi mensili, ma sono circolate anche ipotesi riguardanti i 2mila euro lordi) per ottenere lo stesso importo e procedere all’incremento delle minime.
Nel vertice di maggioranza di ieri sera a Palazzo Chigi si è, invece, discusso anche di «quota 100», ossia la possibilità di ritirarsi dal lavoro quando la somma tra età anagrafica (minimo 64 anni e non 67 come previsto dal 2019 in base alla Fornero) ed età contributiva. Si potranno conteggiare soltanto due anni di contributi figurativi. Le prime indicazioni evidenziano un costo potenziale iniziale di 4 miliardi di euro, circa la metà di quanto inizialmente stimato proprio dall’Inps. Il che significa che l’applicazione del ricalcolo contributivo di fatto penalizzerà coloro che vogliono ritirarsi in anticipo, a differenza della Fornero che, pur fissando una soglia anagrafica elevata, salvaguarda in qualche modo il montante.
«La soglia, infamante, del privilegio pensionistico è stata finalmente certificata: 80mila euro lordi l’anno, ed è stata inserita in un progetto di legge governativo», ha commentato Giorgio Ambrogioni, presidente di Cida, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità. «È evidente che ci opporremo a questo provvedimento, in tutte le sedi e con tutti gli strumenti disponibili. Stiamo già lavorando alle iniziative più opportune per contrastarlo», ha aggiunto.
Analogamente scontenta pure la Cgil che si è lamentata della reticenza del premier Conte nella conferenza stampa di ieri. «Il tema della previdenza e quello di una riforma complessiva che superi la legge Fornero sembrano essere stati depennati dall’agenda del governo», ha osservato il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli aggiungendo che « l’intenzione di varare esclusivamente la cosiddetta quota 100, misura che se realizzata con i vincoli e le penalizzazioni previste ad oggi riguarderebbe pochissimi lavoratori e altro non sarebbe che un ulteriore parziale ritocco alla legge Fornero che rimarrebbe intatta». IL GIORNALE.IT