Noi pensionati “parassiti” delusi da Salvini
chi le sta scrivendo è un giovane pensionato «d’oro», ex dirigente di grandi industrie elettromeccaniche private, andato in pensione con quarantaquattro (44) anni di regolari versamenti contributivi (qualche milione di euro in totale).
Secondo il signor Di Maio quindi, il perfetto prototipo del «parassita sociale».
Per me è stato un fulmine a ciel sereno. Non avevo capito infatti chi fossero oggi da considerare parassiti sociali. Ho così scoperto che siamo noi, che abbiamo studiato, magari lavorando, e poi lavorato senza risparmiarci per più di mezzo secolo. Noi che adesso abbiamo pure la pretesa che lo Stato rispetti quanto aveva pattuito con noi. Noi che abbiamo l’indubitabile colpa di avere adempiuto sempre e correttamente alle leggi dello Stato e alle regole della Previdenza. Quelle che stupidamente credevamo fossero le fondamenta del «patto sociale» tra il cittadino e lo Stato.
I parassiti sociali – nella concezione di quelli come me, appartenenti alla mia generazione, che ce l’hanno messa tutta per fare del proprio meglio nell’ambito lavorativo e nella vita – erano forse altri. Sbagliavamo!
Quindi non ce l’ho con Di Maio, né con i suoi accoliti che hanno elaborato questa teoria. Sono semplicemente il risultato finale di un contesto e di una serie di errori, la cui responsabilità è di altri. Da loro, a mio giudizio, non è possibile aspettarsi nulla di più o di diverso. Del resto ancora prima delle elezioni avevano anche dichiarato le loro intenzioni.
Vengo al punto. Alle ultime elezioni, a marzo, ho votato per Forza Italia (Politiche) e per la Lega (Fedriga alle Regionali). Ed è per questa ragione che è invece da Salvini che oggi mi sento tradito. Il taglio della mia pensione non era nel programma del centrodestra e della Lega, per i quali ho votato.
Nella mia associazione di categoria, i cui aderenti hanno votato in grande maggioranza per il centrodestra, il malessere per quanto sta accadendo relativamente all’atteggiamento della Lega è palpabile ed in crescendo. Non una parola in difesa dei «parassiti sociali», è il commento che si sente più frequentemente, è giunta da Salvini.
Mi auguro, ed io, nel mio piccolo mi attiverò per questo, che almeno le nostre associazioni si facciano sentire al più presto e con quanta più energia possibile. In alternativa non ci resterà che fare nostra ed inoltrare al signor Di Maio la proposta di un pensionato «argento-oro» laziale, comparsa in una rubrica del Corriere della Sera il 26 luglio, che chiede al ministro del Lavoro di soprassedere oggi al taglio delle pensioni per avere in cambio nel prossimo futuro una legge che preveda l’eliminazione fisica dei parassiti sociali al raggiungimento dei 75 anni di età (la gallina domani invece dell’uovo oggi).
Così facendo il «reddito di cittadinanza» dei non-parassiti di questa nascente futura e fulgida società sarà garantito.
Del resto in altri tempi, in altri paesi e con altri tipi di «parassiti» (a quei tempi erano comunque già definiti così quelli che poi furono eliminati) tale procedura fu già attuata. Ed inoltre tutto ciò potrebbe avvenire con buona pace della Lega e di Salvini, che potrebbe così continuare ad occuparsi a tempo pieno e senza disturbi parassitari della «marea nera» che sta invadendo il Belpaese.