Sergio Marchionne, lo scoop di Melania Rizzoli: ecco di cosa è morto, la menzogna svelata
Quando è esplosa la notizia dell’intervento alla spalla di Sergio Marchionne, e delle sue drammatiche conseguenze, al manager più famoso al mondo è stato sospettato dalla stampa nazionale un tumore maligno del polmone dovuto al vizio incontenibile del fumo.
Invece, a quanto pare, questo particolare paziente era affetto non dal cancro, ma dalla più temibile delle patologie, appartenente alla categoria dei sarcomi, malattie rare che con le sigarette non hanno davvero nulla a che fare.
Il sarcoma infatti, è il più maligno dei tumori maligni, perché questo tipo di neoplasia non deriva dal corrispettivo tumore benigno come spesso accade nei carcinomi, ma nasce già con le caratteristiche di elevata malignità, ed è una patologia insidiosa, invasiva, altamente infiltrante, che metastatizza rapidamente, principalmente per via ematica, ma anche per diffusione linfatica, grazie alle strette interconnessioni tra il sistema vascolare e linfatico.
I sarcomi sono definiti scientificamente tumori maligni del tessuto connettivo, vale a dire del tessuto di sostegno dell’organismo, e sono considerati rari, con «soli» 15mila nuovi casi registrati ogni anno negli Stati Uniti rispetto agli adenocarcinomi, rappresentando quindi soltanto l’1% delle oltre 1,5 milioni di nuove diagnosi di cancro in quel paese ogni anno
INCIDENZA
I sarcomi colpiscono persone di tutte le età, possono insorgere ovunque nell’organismo, compresi testa, collo, scheletro e organi interni, e circa il 50% dei sarcomi ossei, tra cui il sarcoma di Ewing e l’osteosarcoma sono molto più comuni nei bambini e negli adolescenti, mentre il 20% dei sarcomi dei tessuti molli, come il leiomiosarcoma e il condrosarcoma, vengono diagnosticati in individui inferiori ai 30 anni, mentre la fascia d’età più colpita resta comunque quella tra i 50 e i 65 anni. I sarcomi completano il loro nome composto dai tessuti di provenienza (liposarcoma dal tessuto adiposo, osteosarcoma dal tessuto osseo, fibrosarcoma dal tessuto connettivo, angiosarcoma dai vasi sanguigni e così via) ed all’inizio possono avere bassa invasività (low-grade), ma in breve tempo virano in modalità aggressiva (high-grade), e nonostante possa essere coinvolta qualunque parte anatomica, essi aggrediscono prevalentemente le braccia e le gambe.
SINTOMI
La patologia è subdola, si può manifestare inizialmente con la presenza di una tumefazione simile a un livido, che generalmente viene attribuita ad una contusione o a un trauma del quale non si ha ricordo, che però non regredisce, oppure con un dolore osseo, che nei giovani viene associato alla crescita o ad un trauma sportivo, ma dal momento che il sarcoma può comparire come una massa tumorale che si sviluppa in profondità nel corpo, la sua scoperta può avvenire dopo che il paziente lamenta dolore da compressione di un organo o di un nervo, o scopre perdite di sangue, quando è troppo tardi, perché il sarcoma cresce rapidamente, e presto dà segni della sua maligna presenza.
DIAGNOSI
La diagnosi viene effettuata in primis mediante ecografia, a cui segue risonanza magnetica e tac, ma bisogna sempre attendere la biopsia con ago aspirato del tessuto neoplastico per avere la conferma istologica sicura, corretta e certificata. Nonostante la rarità della patologia, si stima che esistano oltre cinquanta tipi di sarcomi, che richiedono trattamenti terapeutici tra loro differenti, ed al momento della scoperta della malattia bisogna sempre accertare l’invasività della stessa, se cioè sia già infiltrata nei tessuti limitrofi, se sia quindi operabile, o se abbia già sviluppato metastasi a distanza, se non vere e proprie sedi tumorali secondarie.
TERAPIA
Il trattamento del sarcoma varia a seconda del tipo istologico individuato dalla biopsia, dalla sua malignità, dal suo stato di crescita e dalla sua sede di insorgenza, dalla vicinanza o coinvolgimento di organi vitali, ma in ogni caso richiede un approccio multidisciplinare che comprenda chirurghi generali, chirurghi oncologi, oncologi clinici ed esperti di anatomia patologica e di radioterapia. L’intervento chirurgico di rimozione è molto importante nel trattamento della maggior parte dei sarcomi, quelli considerati estirpabili, ma con una diagnosi così pesante, insidiosa ed imprevedibile, è sempre necessario associare la radio e la chemioterapia per lunghi periodi.
L’osteo-sarcoma, per esempio, che nasce dalle ossa, se genera da un arto inferiore, come accade di frequente, se diagnosticato per tempo, va sempre rimosso con la amputazione chirurgica dell’arto, come è accaduto in passato ad un giovane nipote del presidente John Fitzgerald Kennedy. Ma se la sede del sarcoma non è amputabile o totalmente rimovibile, la situazione di sovente si complica e il destino è segnato. La famiglia di Sergio Marchionne ha smentito che la causa di morte fosse dovuta ad un tumore, attribuendola ad un arresto cardiaco, ma il direttore di Lettera 43, Paolo Madron, ha fornito una ricostruzione esclusiva della malattia che lo ha portato sul tavolo operatorio, rivelando che il Ceo di Fca «soffriva di forti dolori alla spalla ed assumeva del cortisone nel tentativo di lenirli».
Il direttore afferma infatti, che a Marchionne da tempo «era stato diagnosticato un sarcoma alla spalla, piuttosto invasivo ed infiltrante nel polmone, e nell’occasione gli erano stati addirittura manifestati alcuni dubbi sull’efficacia dell’operazione, ritenuta «ad alto rischio», aggiungendo quanto fosse evidente nell’ultimo mese lo stato di prostrazione in cui versava l’amministratore delegato.
Il fatto è che qualsiasi paziente, anche se non istruito, o intelligente, colto e informato come Marchionne, nel momento in cui apprende di essere affetto da una patologica così grave e potenzialmente letale, cerca disperatamente il chirurgo disposto ad operare, nel tentativo di estirpare la patologia o parte di essa, e si affida ad esso pur sapendo di correre un rischio altissimo, ritenendolo sempre minore del portarsi addosso la consapevolezza quotidiana di avere un tumore maligno considerato inoperabile. L’operazione del manager però, sfortunatamente è degenerata nel dramma, perché, sempre secondo il racconto di Paolo Madron «Marchionne, nel pieno dell’intervento, sarebbe stato colpito da una embolia cerebrale, precipitando in coma. E a nulla sono valsi i disperati tentativi dell’equipe medica per rianimarlo. I danni cerebrali avrebbero reso la situazione irreversibile, e da quel momento il paziente è stato ritenuto in morte cerebrale e tenuto in vita dalle macchine, fino al momento del decesso». Ovvero dell’arresto cardio-circolatorio confermato dalla famiglia, l’evento finale con il quale di fatto si certifica la morte fisica in tutti i decessi.
PROBLEMI DI TIROIDE
Questo il racconto rilasciato dal direttore di Lettera 43, il quale aggiunge che la situazione sarebbe stata complicata anche dalle condizioni precarie di un organo vitale, ovvero della tiroide del manager, che aveva un un problema per il quale il paziente era costretto ad assumere farmaci ogni giorno, e che, come è noto, è una ghiandola essenziale per la vita, che interferisce in molte funzioni fisiologiche, soprattutto pressorie e cardiache. Non è dato sapere se durante l’intervento il paziente abbia subìto anche un arresto cardiaco, ma di certo la mancanza di ossigeno cerebrale dovuta all’embolia occludente, perdurata evidentemente oltre il tempo di recupero, ha di fatto determinato l’insorgere del coma irreversibile, per prolungata anossia encefalica.
Ogni intervento chirurgico, anche il più semplice, di norma ha un suo rischio calcolato, per il quale oggi si richiede al paziente di firmare il consenso informato prima dell’anestesia, ma fortunatamente succede rarissimamente che ad un paziente si fermi il cuore e che il suo battito venga riattivato sul tavolo operatorio durante l’operazione, o che sviluppi un’ embolia durante l’intervento, come pare sia accaduto a Marchionne. L’evento determinante la tragedia, in casi come questi, può essere un errore umano o un accidente vascolare o cardiaco non previsto, oppure un cedimento d’organo, insomma quello che da noi medici viene definito una complicanza grave e non prevedibile, e che nel gergo popolare è tradotto con il termine di sfortuna.
Di certo resta che questo paziente di 66 anni, che ha scelto di sua volontà quel centro clinico di Zurigo, un polo oncologico di eccellenza, e quel chirurgo operatore con la sua equipe, che ha firmato il consenso informato, che ha salutato i familiari prima di addormentarsi fiducioso nel sonno dell’anestesia, entrato cosciente e consapevole in quella sala operatoria, da quella stessa sala è uscito in coma irreversibile, intubato e attaccato al respiratore, e Sergio Marchionne non è quindi morto per un maledetto sarcoma che paradossalmente non aveva avuto ancora il tempo di espletare il suo noto effetto devastante, ma per una complicazione che gli ha spento il cervello e fermato per sempre il cuore.