Silvio Berlusconi, Forza Italia in bancarotta: quanti euro sono rimasti in cassa

Il peggior lavoro del mondo della politica in questo momento è sicuramente quello di tesoriere di Forza Italia, ricoperto con coraggio dal fedelissimo di Silvio BerlusconiAlfredo Messina. Come riporta Franco Bechis sul Tempo, nel partito del Cav è scattato l’allarme per i conti in profondissimo rosso. Una situazione non certo nata da un giorno all’altro, ma che oggi ha assunto proporzioni a dir poco preoccupanti.

Il segnale dello sprofondo finanziario è arrivato per esempio all’ultima riunione del comitato di presidenza forzista, quando a fronte delle 113 mila tessere, sono emersi numeri imbarazzanti dai contributi del 2 per mille. Né i militanti, né tantomeno i dirigenti locali sembrano essersi impegnati a raccogliere un po’ di fondi da una delle poche possibili entrate rimaste. Facile immaginare che di quelle tessere, poche appartengono a militanti fermamente convinti della propria adesione, il vizietto dei pacchetti di democristiana memoria è durissimo a morire.

Comunque i pochi spiccioli dal 2 per mille avrebbero fatto comodo a Messina, ma non si sono visti neanche quelli. Nella nota integrativa al bilancio 2017, il tesoriere azzurro ricorda che quel 1.241.471 euro non è materialmente mai entrato in possesso di Forza Italia, perché la somma risulta “totalmente pignorata presso il ministero dell’Economia e delle finanze da vari creditori del nostro Movimento”.

Peggio va per la liquidità sui conti correnti bancari e postali, che a fine 2017 vantavano 960.874 euro. Pure quelli pignorati, così come in tutto più di 2,5 milioni di euro. E i creditori sono ben lontani dal finire. Messina quindi ha dovuto chiedere a Berlusconi l’ennesimo contributo personale, ma visto che la legge impone un tetto di 100 mila euro, il Cav non ha potuto far altro che concedere una fideiussione di 3 milioni di euro. Solo così Forza Itali ha potuto ottenere un finanziamento in banca per sopravvivere, per ora.

La fila dei creditori si sta sfoltendo man mano, nel frattempo però i dipendenti sono dovuti passare negli anni da 71 ad appena 3, per poi passare a undici su richiesta dello stesso Messina che aveva bisogno di qualcuno che masticasse di conti. Una fatica immane, considerando che restano più di sei milioni di debiti riconosciuti tra fornitori e banche, senza dimenticare i 91 milioni di cui è creditore lo stesso Berlusconi.

 

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