Euro, Martin Wolf: “Un fallimento, l’Italia sarà costretta ad abbassare i salari”

Proponiamo ampi stralci dell’articolo pubblicato il 19 giugno dal Financial Times. L’autore, Martin Wolf, è uno dei più prestigiosi editorialisti del quotidiano economico britannico.

L’euro è stato un fallimento. Questo non significa che non durerà o che sarebbe meglio se scomparisse. I costi di una rottura parziale o completa sono eccessivamente grandi. Significa piuttosto che la moneta unica non è riuscita a garantire stabilità economica o un maggior senso di identità europea. È diventata una fonte di conflitti.

La storia dell’Italia è significativa e, date le sue dimensioni, di importanza cruciale. Non si tratta di incolpare l’euro per la stagnazione della produttività e della produzione italiana da quando è entrata nella zona euro. Queste riflettono carenze interne. Tuttavia, il fatto che l’Italia sia all’interno dell’eurozona rende le sue carenze una questione di interesse comune. \[…\]

I due problemi iniziali per l’Italia sono stati l’alto livello del debito pubblico, che l’ha esposta al panico dei mercati finanziari, e un’enorme perdita preliminare di competitività esterna. I saldi con l’estero dell’Italia sono attualmente in attivo, in gran parte perché la disoccupazione è così alta. È probabile che una forte espansione della domanda interna generi disavanzi esteri non finanziabili. I contribuenti del Nord Europa temono che potrebbero doverli finanziare loro. E sicuramente non lo faranno.

Secondo il FMI, «si stima che sia necessario un deprezzamento reale dell’ordine del 10% per riallineare il conto delle partite correnti dell’Italia con i fondamentali». La soluzione raccomandata è una «svalutazione interna», attraverso la riduzione delle retribuzioni nominali e una maggiore produttività. \

Fuori dalla zona euro, i relativi aggiustamenti si sarebbero verificati, come spesso accadeva prima, attraverso una svalutazione monetaria. Sì, quella non sarebbe stata una soluzione a lungo termine. Ma sarebbe sicuramente stata meglio del danno sociale e politico che ha trasformato uno dei paesi più europeisti in quello che è oggi uno dei più euroscettici. \[…\]

Cosa fare, allora? Un euro debole è una parte della risposta. Così come un’inflazione significativamente maggiore nei paesi in surplus. Ma la Banca Centrale Europea è, per ragioni comprensibili, incapace, anche sotto Mario Draghi, di perseguire le politiche monetarie iper-aggressive necessarie a generare un reale surriscaldamento in Germania o nei Paesi Bassi. Nel frattempo, questi ultimi non vedono particolari motivi per aiutare.

L’aggiustamento cadrà sempre principalmente sui paesi in deficit. In assenza di sostanziali trasferimenti fiscali, essi non hanno alternative alle riforme volte ad accelerare la crescita della produttività e la flessibilità del mercato del lavoro. La Spagna lo ha fatto. In Italia è possibile? In caso contrario, la scommessa sulla sua adesione alla zona euro potrebbe peggiorare.

Buone recinzioni fanno buoni vicini. Una moneta propria è una buona recinzione. È un peccato che questo sia stato dimenticato.

 

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